tar boccia regolamento dell’amp regno di nettuno

regno-di-nettuno

FONTE  http://www.uncipesca.org

La settima sezione del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, in accoglimento del ricorso presentato nel 2008 dal Flai-Cgil in rappresentanza di 15 imprese di pesca, ha messo in discussione la costituzione dell’Area Marina Protetta (AMP) “Regno di Nettuno”, attualmente gestita dal Consorzio dei Comuni delle isole di Procida e Ischia cui è affidata la tutela e la valorizzazione dell’ecosistema marino flegreo.
Il TAR ha, difatti, sospeso il regolamento recante la disciplina delle attività consentite nelle diverse zone dell’ AMP pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 21 maggio 2008. Trattasi di un regolamento illegittimo visto che ha escluso o limitato pesantemente l’attività di pesca delle marinerie dei campi flegrei. L’area, infatti, ha rappresentato un forte ostacolo per lo sviluppo dell’economia delle isole danneggiando pesantemente i pescatori, i diportisti e i centri diving.
Più nello specifico, il Tribunale amministrativo ha stabilito che la pesca con il “cianciolo” non è un mestiere impattante con l’ecosistema marino e che già dal 2000 si poteva utilizzare tale sistema di pesca come peraltro avviene in altre aree marine protette.
Il regolamento del “Regno di Nettuno” richiederebbe, a ragion veduta, un ripensamento e un aggiornamento al fine di consentire uno sviluppo economico e turistico delle zone interessate tenendo conto sia delle esigenze dei pescatori che dell’ambiente marino.
Il risultato incoraggiante ottenuto in seno al Tar è il frutto dell’azione costante e scrupolosa del compianto avv. Nicola Pellecchia, segretario Adiri pesca di Procida. Grazie alla sua battaglia legale, condivisa e supportata dall’UNCI PESCA, oggi si possono raccogliere importanti segnali per il rilancio dell’economia ittica della zona flegrea. Un prezioso ringraziamento, quindi, appare doveroso esprimere nei confronti di chi, lasciandoci prematuramente, ha saputo rappresentare e tutelare le esigenze dei pescatori della zona, vessati da un sistema che mostrava tutti i suoi militi e le sue incoerenze.

sondaggio della pesca in apnea nelle amp

QUESTO SONDAGGIO CHE SI CHIUDERA ‘ TRA UN MESE , SERVIRA ‘ A CAPIRE SE LA PESCA IN APNEA E’ BEN ACCETTA NELLE AMP .UNO STRUMENTO DEMOCRATICO CHE PUO’ DARE ANCHE UNA PICCOLA VOCE A QUELLE PERSONE CHE PRATICANO UNO SPORT MINORE , MA CHE AL NOSTRO AVVISO E NON SOLO E’ IL PIU’ SELETTIVO AL MONDO

normativa della pesca in apnea

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alcuni riferimenti normativi:

La pesca subacquea sportiva o ricreativa in apnea è regolamentata dalla Legge 14 luglio 1965 n° 963 e dal D. P. R. 2 ottobre 1968 n° 1639 , con l’abrogazione  con DLGS 4/12http://www.apneamagazine.com/articolo.php/10458    . In sintesi, la norma nazionale pone comunque le seguenti limitazioni:  La pesca subacquea sportiva è consentita soltanto in apnea senza l’uso di apparecchi ausiliari di respirazione. Di questi ultimi è consentita l’utilizzazione solo per finalità diverse dalla pesca. Il pescatore sportivo subacqueo non può raccogliere coralli o molluschi. Art. 130: Il subacqueo in immersione ha l’obbligo di segnalarsi con un galleggiante recante una bandiera rossa con striscia diagonale bianca, visibile ad una distanza non inferiore a 300 metri; se il subacqueo è accompagnato da mezzo nautico di appoggio, la bandiera deve essere issata sul mezzo nautico. Il subacqueo deve operare entro un raggio di 50 metri dalla verticale del mezzo nautico di appoggio o del galleggiante portante la bandiera di segnalazione. I mezzi nautici hanno l’obbligo di transitare ad almeno 100 metri da quest’ultima.

La norma persegue evidentemente il fine di tutelare i bagnanti dal tiro di pescatori (eventualità in realtà molto remota) ed i pescatori stessi dall’investimento di natanti in zone particolarmente trafficate.

Art. 142: Limitazioni alla cattura di pesci: Il pescatore sportivo non può catturare giornalmente pesci, molluschi e crostacei in quantità superiore a 5 kg complessivi salvo il caso di pesce singolo di peso superiore. Non può essere catturato giornalmente più di un esemplare di cernia a qualunque specie appartenga (così sostituito dall’art. 14, D. P. R 18 marzo 1983 n. 219). La norma stabilisce inoltre misure minime di taglia per le specie ittiche di maggior interesse venatorio e commerciale (le stesse vigenti per la pesca professionale) e sancisce il divieto di raccolta dimolluschi non cefalopodi e di crostacei.

Il raccolto della pesca (in gergo “carniere”) non può quindi essere oggetto di commercializzazione. Completamente diversa è la normativa relativa alla pesca professionale in apnea, regolamentata dal Decreto Ministeriale 20 ottobre 1986, praticata non per fini sportivi ma quale lavoro professionale. La pesca subacquea professionale è consentita esclusivamente a coloro che sono in possesso della specializzazione di pescatore subacqueo e può esercitarsi soltanto in apnea, senza l’uso di apparecchi ausiliari di respirazione. Di questi ultimi è consentita l’utilizzazione solo per finalità diverse dalla pesca o per la raccolta di corallo e molluschi. La pesca con uso di apparecchi ausiliari di respirazione (bombole) è quindi sempre vietata, anche ai pescatori professionali. La norma infatti stabilisce all’Art. 9: “La pesca subacquea professionale, con uso di apparecchi ausiliari di respirazione, può essere esercitata utilizzando soltanto i coltelli, i retini ed i rastrelli normali.” Pertanto l’impiego di bombole è consentito unicamente per la raccolta, non per la caccia. In altri termini, chi effettua pesca subacquea con bombole, fucili o anche solamente fiocine si macchia di bracconaggio ed è perseguibile a norma di legge.

la pesca in apnea “tecnica tana”

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La pesca in tana è una tecnica utilizzata nella pesca in apnea.

Si tratta della pesca mirata alla cattura di alcune specie il cui habitat tipico è in tane, ricavate in genere in anfratti di rocce sottomarine. È il principale tipo di pesca sub, insieme alla pesca all’aspetto e alla pesca all’agguato, mentre la pesca in acqua aperta non è molto diffusa, a causa della difficoltà nel conseguimento di risultati apprezzabili.

Si effettua in genere in siti in cui la preda possa nascondersi: il caso più frequente è costituito da anfratti di roccia di vario genere, ma vi sono specie che si rintanano in composti algali o comunque vegetali, oppure all’interno di relitti o di altre opportunità di ricovero. A seconda del tipo di pesce che si vuole insidiare cambia il tipo di tana da cercare.

la pesca in apnea “tecnica dell’aspetto”

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La pesca all’aspetto è una tecnica utilizzata per la pesca in apnea.

Essa consiste nell’appostarsi sul fondo, parzialmente occultati, ed aspettare che i pesci vengano a tiro.

Ovviamente il difficile sta nel trovare il posto giusto ed il momento giusto, infatti nell’imprevedibilità dei pesci potrà capitare che gli stessi arrivino dalla parte opposta dell’appostamento che risulterà a quel punto scoperto e determinerà la fuga del pesce. L’idea su cui si basa tale tecnica è la naturale curiosità e territorialità di tutte le specie (più o meno accentuate a seconda di molte variabili: periodi riproduttivi, fame, e altro ancora). Infatti il pesce tende ad avvicinarsi al pescatore subacqueo per verificare cosa esso sia (curiosità) o nel caso dei predatori (Pelagici, spigole..) per avvisarlo che sta occupando la sua zona (territorialità). Inoltre quest’ultimi a differenza degli altri, tendono ad avvicinarsi molto più velocemente non badanti del pericolo.

Un pescatore  subacqueo in apnea fermo all’aspetto in profondità con il suo arbalete

L’aspetto profondo si differenzia dall’aspetto generico per la profondità alla quale viene praticato: dai 15 ai 30 metri e oltre, per insidiare prede di rango difficilmente reperibili in acque basse, come dentici e ricciole. Richiede grande esperienza, preparazione fisica e soprattutto molta coscienza, poiché prevede tuffi impegnativi con lunghe apnee, durante le quali può capitare di dover combattere con pesci di dimensioni ragguardevoli.

Per l’aspetto profondo è preferibile usare attrezzatura specifica, come pinne con pala in materiale composito (i più diffusi sono quelli in fibra di carbonio) che hanno un’elevata elasticità, fucili lunghi e potenti (come arbalete dai 100 ai 130 cm o oleopneumatici dai 90 ai 130 cm) per colpire prede distanti (anche 4-5 metri) e maschere a volume interno ridotto (per ridurre i volumi d’aria da insufflarvi, indispensabili per compensare lo schiacciamento provocato dall’alta pressione). Tecnicamente si predilige l’uso di fucili più potenti che veloci, dato che le prede classiche sono grossi dentici, ricciole, orate e corvine, quindi vengono scartati a priori fucili che montano aste da 6 mm, elastici del 16 e tutte quelle attrezzature più indicate per la ricerca del pesce bianco. Si prediligono arbalete in legno con doppie o triple  gomme e aste medio-pesanti, fucili in monoscocca di carbonio con gomme potenti o addirittura oleopneumatici caricati ad elevatissima pressione.

tecniche di pesca in apnea ” AGGUATO”

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La pesca all’agguato è una delle tecniche utilizzate per la pesca in apnea.

La tecnica consiste nel muoversi silenziosamente sul fondo o in superficie nel tentativo di cogliere di sorpresa il pesce. Oltre che muoversi nel cono d’ombra visivo della sua preda, il pescatore apneista deve anche fare i conti con un altro organo di senso del pesce, la linea laterale. Quest’ultima consente alla preda di sentire le onde di pressione prodotte dalle vibrazioni sonore, quindi il movimento di un potenziale aggressore. Pertanto il pescatore subacqueo dovrà muoversi sempre lentamente e riparato da rocce che schermino le onde di pressione tra lui e la preda. È considerata una vera arte, anche perché si dovrà allenare molto la capacità apneistica dell’atleta che deve essere in grado di avere una buona autonomia, oltre ad una buona mobilità che la flora marina richiede.

Probabilmente la pesca all’agguato è la più difficile tra tutte le discipline che riguardano la pesca in apnea; la capacità di avvicinare i pesci la si ottiene solo dopo anni di esperienza. Infatti all’inizio si rimane sorpresi dalla scarsità delle prede, mentre in realtà queste ci hanno percepito e si sono allontanate prima del nostro sopraggiungere. Solo con il tempo si riesce a portare a termine un’azione di pesca efficace.

Per la difficoltà oggettiva legata all’avvicinamento alla preda e per quella ancora più palese dell’azione, che si svolge rigorosamente in apnea (se non effettuata dalla superficie), la pesca all’agguato, come del resto la pesca in apnea in generale, è da considerarsi tra le forme di prelievo più selettive (il pescatore vede la preda a cui sta per sparare) che esistono. Questo ci garantisce uno sport sano per se stessi e per la natura, infatti a differenza di tutti gli altri tipi di pesca esso è il più divertente (in quanto si ha uno scontro faccia a faccia con la preda) inoltre sprona la mente a compiere movimenti semplici capaci di fruttare una buona preda. Il fucile subacqueo consigliato per questa tecnica è sicuramente un arbalete da 80 -100  cm, in modo da essere sicuri di riuscire a centrare il bersaglio anche a un buona distanza qualora il pesce avesse già avvertito la nostra presenza, garantendo al tempo stesso una buona manualità e un brandeggio sufficientemente comodo, oltre all’imprevedibilità del tipo di cattura.